domenica 29 settembre 2013

E il primo mese è passato

Ed ecco che in uno schiocco di dita il traguardo del primo mese è superato. Ritorno a farmi la stessa domanda di sempre: come mi sento?
Non lo so. Mi trovo bene e questo l'ho già detto, ma non posso dire di essere completamente felice.
Ho passato delle fasi strane da quando sono qui. I primi giorni ero così emozionata che anche solo l'idea di dover parlare inglese, l'essere su uno scuolabus o provare qualunque novità mi faceva venire le lacrime agli occhi dall'emozione e mi dava una scarica di adrenalina. Dopo sono passata nella fase del sovraccarico, in cui la felicità dell'essere qui e la nostalgia per l'italia si annullavano a vicenda, lasciandomi impassibile. In questa seconda fase credo di essere stata così piena di emozioni contrastanti che niente mi faceva reagire sul serio, e penso che sia per questo che non ho mai avuto una vera e propria crisi di homesick, o almeno non ancora. Davo per scontato che tutte queste emozioni accumulate prima o poi esplodessero tutte insieme in una crisi, ma non è successo e non so bene cosa pensare o aspettarmi.
Adesso sono tornata abbstanza alla normalità. Il bello è che nel momento in cui non hai nulla, che siano amici, una famiglia o la conoscenza della lingua un semplice sorriso da un conoscente o scherzare cinque minuti con la tua compagna di banco ti lascia contenta tutta la giornata. Ed il fatto che abbia speso un sacco di tempo a formulare la frase precedente perchè non mi veniva in mente come esprimere in italiano il concetto di "you made my day" mi lascia ancora più contenta.
Dal punto di vista della lingua non so dire che progressi ho fatto. Riconosco che il mio accento per quanto ancora presente è migliorato moltissimo e che capisco tutto, ma nella comprensione non ho mai avuto problemi veri e propri. E' nell'esprimermi che mi sembra di essere ancora bloccata, ma ho comunque ampliato il mio vocabolario e sono quasi sempre abbastanza fluida nel parlare. Se nei primi giorni preferivo la naturalezza alla correttezza grammaticale (è davvero brutto conversare con una persona che pensa cinque secondi prima di rispondere) e quindi sparavo degli errori giganteschi che effettivamente avrei potuto evitare, ora per quanto mi capiti ancora di fermarmi in mezzo a una frase e chiedermi perchè ho detto was al posto di were mi sembra di migliorare.
Consiglio: se siete a scuola/casa/da qualche parte e volete una gomma, non dite "rubber" come la scuola italiana insegna, perchè qui vuol dire preservativo. Dite eraser. Just saying.

A scuola comunque va tutto bene, a parte qualche classica figura da exchange student. Esempio: prendiamo il mio primo test di US history.
Avevo studiato, sapevo le cose. Il prof stava proiettando sulla lavagna (usando il proiettore/smatboard che ogni aula ha) un foglio con scritte le domande mentre le spiegava e io dal mio posto le scrivevo. Alla fine del processo tutti iniziano a passarsi matite rosse, io mi guardo intorno confusa e chiedo a un ragazzo a cosa dovrebbe servirmi la matita. "A correggere?"
Guardo il suo foglio inorridita. Il prof non stava spiegando le domande, dovevamo rispondere simultaneamente e io non avevo fatto il test. Panico.
Ho rifatto la verifica il giorno dopo, ma da allora mentre spiegano le consegne ascolto con tre orecchie.
Tralasciando US history che effettivamente è la materia con cui faccio più fatica, fino ad ora ho preso una A in ceramics e due in biology, materia nella quale non ho mai fatto un errore in un test. Mi piacerebbe darmi del genio, ma il punto è che sono in una classe di freshmans (creaturine del primo anno) ed è effettivamente tutto troppo facile, ma sentirmi intelligente ed essere l'unica (tra l'altro straniera santo cielo) che alza la mano per spiegare agli altri parole che non sanno mi piace troppo, lo ammetto. E poi amo Mr. Staley, giuro che devo iniziarmi a segnare le cose divertenti che fa/dice e comunicarvele, perchè è davvero un personaggio.
Dal punto di vista amici sono abbastanza soddisfatta, anche se per qualche strano scherzo del destino ogni volta che conosco qualcuno questi sparisce dalla scuola impedendomi di socializzare di più.
Per ora però mi sento di definire effettivamente miei amici solo gli altri exchange students. Parlo di Stefanie che mi  è stata vicina fin dal secondo giorno e che era la mia ancora di salvezza quando ancora non conoscevo nessuno, Ali che mi fa morire dal ridere con le sue incomprensioni linguistiche e che diventa più inquietante e inopportuno giorno dopo giorno, Ive che si siede vicino a me sullo scuolabus per chiacchierare tranquillamente o ascoltare un po' di musica, Carla con cui non condivido nemmeno una classe o il lunch ma con la quale mi sento così a mio agio, Andre con il suo essere idiota quando porta a scuola una mela gigante senza motivo, ti infila un cubetto di ghiaccio nella maglietta o all'improvviso ti placca e ti lancia per terra sghignazzando, Aurelienne che ride con me invece che scappare quando Ali diventa inquietante e che mi parla di sua mamma italiana che le ha insegnato qualche parola nella mia lingua.

Voglio spendere due parole (esiste questa espressione in italiano? Oddio mi sento analfabeta) a proposito di Ali. Viene da un paese in cui indipendentemente dall'età non si possono bere alcolici, non puoi scegliere chi sposare o come vestirti per andare a scuola (che ragazzi e ragazze non frequentano insieme) e nel quale le relazioni tra adolescenti non esistono.
Non essendoci sono ragazze nella sua scuola non ha modo di conoscerne o frequentarne, ergo non ha la minima idea di come rapportarsi con il mondo femminile e arrivato qui probabilmente gli è sembrato di essere entrato in paradiso, cosa che l'ha evidentemente mandato in confusione. Se devo descriverlo con una parola, allora dico che è inopportuno. Non ha un filtro tra il cervello e la bocca, dice tutto quello che pensa a costo di gesticolare perchè nonostante i progressi fatti in questo mese non sa esprimersi e si rifiuta di capire cosa può e cosa non può fare. Pensa che tu sia bella? Te lo dice. Vorrebbe baciarti, che ti conosca o meno? Te lo dice. Stai parlando con un ragazzo con cui vede che c'è feeling? Vi suggerisce di sposarvi e vi comunica che secondo lui dovreste baciarvi. Due persone timide stanno parlando? Dice a una delle sue "he likes you, I can see it!" giusto per aumentare l'imbarazzo. Vuole venire all'homecoming con te? Te lo chiede tutti i giorni almeno cinque volte. Pensa che la ragazzina seduta davanti a lui sembri un ragazzo? Glielo dice, facendo osservazioni sui suoi baffi.
Ora sembrerà che io voglia lamentarmi di lui, ma sinceramente capisco che possa essere spaesato e non sono una di quelle persone che lo evitano additandolo come "strano", nonostante tutto questo ce l'ho sempre attorno e siamo amici, volevo solo fare qualche considerazione sulla flessibilità mentale e sull'adattarsi a una nuova cultura.
Qual'è il punto? Ripeto, capisco che adattarsi a una cultura possa essere difficile, e mentre per lui è difficile capire cosa può fare/dire e cosa non può io non ho questo genere di problemi per via della cultura europea non poi così diversa da quella americana. E voi vi chiederete di nuovo, qual'è il punto?
E' che è troppo facile. Avrei voluto partire, imparare una nuova lingua, imparare una nuova cultura, guardare con curiosità un mondo diverso e tornare in Italia arricchita da tutto questo, e mi rendo conto che l'America non è stata la scelta giusta per me. Perchè non sto imparando una lingua, sto perfezionando una che sapevo già. Non ho trovato nuovi cibi, costumi e tradizioni, e sapete perchè? Perchè ho avuto paura di fare un passo troppo grande per me e ho scelto gli Stati Uniti senza pensarci. La mia indecisione era concentrata nella scelta del partire o meno, quando invece avrei dovuto passare più tempo a decidere il paese.
Non dico che sia facile vivere qui, gran parte della difficoltà nel partire sta nel lasciare indietro la propria vita e questo non c'entra con la destinazione, e il problema di farsi amicizie o adattasi alla scuola persiste ovunque tu sia, ma mi sembra lo stesso di avere fatto la scelta più facile e scontata. Non fraintendetemi, non è che non mi piaccia qui, ma mi rendo conto che avrei dovuto buttarmi di più, spingermi più in là.
Ma chiudendo questa parentesi malinconica, pochi giorni fa mi è arrivato un pacco con le cose che avevo dimenticato in Italia, comprensivo di piastra, scarpe e tutte le mie sciarpe. Al momento di partire avevo dato la precedenza alle cose che qui non avrei potuto trovare e che mi legano alle persone più importanti e tra regali e cose rubate senza il consenso del proprietario mi sono portata dietro una felpa di Ale e di mio padre, una canottiera da mia mamma, la maglietta di Francesco e quella di Angelo, il cuoricione di Lucia e il regalo di Francesca. Ero così impegnata a ricordare gli amici da dimenticare le mie cose, il che diventa drammatico quando ti trovi senza scarpe.
Anyway, se dovessi dare un voto a questo mese credo che un sette sia azzeccato, e con questo chiudo perchè devo assolutamente preparare il mio progetto di Child Development sui parti in Cina e domani mattina devo fare vedere un power point sull'Italia alla mia classe di fotografia.
Post-it mentale per me stessa: prometto un'aggiornamento a breve, devo parlarvi delle chiese in America, del Green e Spanish club e dello sviluppo delle mie amicizie, adieu!

4 commenti:

  1. Secondo me stai sbagliando approccio, scegliendo gli States non hai affatto fatto uno sbaglio, in generale niente nell'exchange year è uno sbaglio, se avessi scelto, per esempio, la Finlandia ti saresti posta altri problemi, così come se avessi scelto la Cina, la Germania ecc. ogni paese ha i suoi pro e i suoi contro, se tu a dover lottare per fare di questo l'anno più bello della tua vita.
    Scaccia tutti i pensieri negativi, tutta la malinconia, tanto è un anno, non dovrai passare tutta la vita in america, il prossimo anno a quest'ora sarai di nuovo immersa nella solita monotonia della tua vita italiana, cerca di goderti questo momento al 100%, cerca di trovare in ogni cosa il lato positivo, non devi pensare di aver fatto uno sbaglio, mi raccomando!
    Good Luck :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Non penso assolutamente che partire sia stato uno sbaglio e lo farei altre mille volte, solo avrei voluto pensare un po' di più alla mia destinazione. Mi rendo conto di essere fortunata ad avere l'occasione di fare questa esperienza e di sicuro non mi lamento :) Comunque grazie, so che dovrei essere positiva ma è nella mia natura trovare sempre il lato sbagliato delle cose e inventarmelo quando non c'è!

      Elimina
  2. Ciao Isa (:
    Ho appena saputo che passerò un anno in Russia con Intercultura, e devo dire che all'inizio l'emozione per la partenza è stata di gran lunga superata dalla delusione per non avere ottenuto quello che sognavo da tanto, ossia gli States... Anche perchè seguendo il tuo blog ero davvero impaziente di viverli sulla mia pelle!
    Rileggendo questo tuo post però ho ripensato all'enorme opportunità che ho davanti con un'esperienza così particolare, anche se mi sento ancora piuttosto sconvolta! Spero che, come dici te, possa rivelarsi intensa ed emozionante come la tua, se non addirittura di più.
    E niente, grazie dei tuoi bellissimi racconti, ora sei ufficialmente il mio occhio aperto sull'America :D
    Un bacio,
    Silvia

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ciao Silvia :) Aspettarsi l'America e ritrovarsi la Russia deve essere stato un colpo! Quando ho scritto questo post ero un po' giù di morale e in vena di lamentele, sta tranquilla che a differenza di quello che ho scritto non esiste "un paese giusto per te", ma solo il modo in cui decidi di affrontare le sue diversità e impararne.
      Se parti con lo spirito giusto sono sicura che sarà l'anno più indimenticabile della tua vita, in bocca al lupo :)

      Elimina

Per commentare senza essere iscritti spunta l'opzione Nome/URL e scrivi il tuo nome, oppure pubblica in anonimo.
Un qualunque tipo di commento mi fa sempre piacere :)