domenica 28 settembre 2014

Ritorno a casa

Non sono mai stata una persona da pianti, ma nell'ultimo periodo credo di essermi disperata più di quanto non abbia mai fatto in vita mia. La sera in cui sono partita ho pianto silenziosamente mentre salutavo con lo sguardo la città, fino ad addormentarmi. Sorridevo con gli occhi lucidi leggendo la lettera di Carla, che mi aveva dato al mio compleanno facendomi promettere di aprirla solo sull'aereo. Arrivati a New York, dove siamo stati quattro giorni, ho pianto in taxi con la testa contro il finestrino quando mia madre ha fatto un riferimento alla mia famiglia ospitante, e di nuovo sul cuscino quando in hotel è arrivata l’ora di andare a dormire. Sono stata tranquilla per i quattro giorni nei quali sono stata con la mia famiglia a New York, poi sono stata di umore orribile sull’aereo per Milano e quando per la prima volta, uscita dalla stazione centrale, ho rivisto la mia città. Pensavo che sarei stata felice di vedere Milano, ma mi sbagliavo. 
Sono arrivata a casa con una sensazione di intontimento e dopo avere fatto due passi in casa sono scoppiata a piangere di nuovo, per poi asciugarmi le lacrime e fare finta di nulla quando sono arrivati mia madre e mio fratello. La prima cosa che ho fatto è stata andare in camera mia e tirare fuori la bandiera americana intenzionata a metterla sulla parete, ma poi mi sono resa conto che è troppo grande e non c’è nemmeno la metà dello spazio necessario su nessun muro. Sono rimasta seduta sul letto con la bandiera in braccio per dieci minuti, senza osare metterla giù o fare nient'altro. Sono stata improvvisamente assalita dal fatto che ormai ero a casa, non era più quasi finita ma il mio anno si era concluso del tutto, per sempre, in quel preciso momento. Non avevo voglia di disfare i bagagli, vedere i miei amici italiani o nemmeno alzarmi dal letto, quindi ho scritto a Stefanie. Sono rimasta di umore nero per qualche ora, ma poi è arrivato a trovarmi un amico, che nonostante avesse avuto la terza prova di maturità quella mattina è montato su un treno (vive in Veneto) ed è venuto a trovarmi a sorpresa :)

Da lì è stato un crescendo, ho rivisto tutti i miei amici e nonostante la nostalgia ero di buon’umore, il periodo di crisi nera è andato solo dall’ultimo giorno ai primissimi in Italia. La cosa strana è che nella settimana prima della partenza ero così in ansia da non riuscire a dormire o mangiare, per quanto sembri esagerato. Ho passato notti a rigirarmi tra le coperte per ore e ore, senza riuscire a chiudere un occhio per il pensiero "ehy, tra tre giorni parti!" che continuava a farmi capolino in testa. L’insonnia è passata dopo la partenza (o forse si è solo camuffata da jetlag) mentre la sensazione di stomaco chiusissimo e contratto che già avevo prima di partire è andata avanti un bel po'.
I primi giorni la cosa più strana per me è stata sentire gente intorno a me che parlava italiano, mi ero completamente disabutuata all'idea che ci fossero altre persone che conoscono la lingua che per dieci mesi è stata solo ed unicamente nella mia testa. Mi sembrava impossibile che potessero essere così tante, ovunque, a parlare e capirsi a vicenda, non potevo fare a meno di fissare ogni passante italiano a New York e stupirmi che davvero ci fosse qualcuno che parla italiano al mondo e che non fosse solo la mia immaginazione. So che sembra una cazzata, ma vi assicuro che è una sensazione assurda.
Ho perso tutti i congiuntivi, e mio fratello me li ha fatti riprendere a forza prendendomi a sberle ogni volta che ne sbagliavo uno (grazie Ale <3). 
Nel primo periodo poi non riuscivo a frenare l'istinto di parlare in inglese. Se qualcuno mi rivolgeva la parola mentre ero distratta iniziavo la frase in inglese, oppure quando dovevo dire qualcosa velocemente tipo un "sorry" dopo avere pestato un piede a qualcuno in metropolitana. Parlando italiano mi saltano ancora in testa espressioni americane, e il non poterle usare è frustrante almeno quanto lo era non riuscirsi ad esprimere in italiano all'inizio. Ogni tanto traduco in mente dall'inglese all'italiano e i risultati sono sempre imbarazzanti, dal "lancio" detto invece di pranzo (lunch) e magazzino invece di rivista (magazine).
Comunque poi dopo una settimana a Milano sono partita per il mare. Mi sono goduta l’estate, tempo tremendo a parte, ho studiato molto più di quanto non avrei voluto e mantengo i contatti con l’America. Mi sento quasi tutti i giorni con Larry e Carla tramite whatsapp, e sempre con whatsapp parlo anche con Stefanie, anche se di meno. Su snapchat sento Derrick in continuazione e molto meno Ashley, ma tutto sommato me lo aspettavo. Tutti gli altri li sento un po’ meno, ma in qualche modo cerco di stare in contatto con tutti.L'America mi manca tanto, comè normale che sia. Ogni tanto vorrei essere ancora lì, vorrei che gli altri capissero come mi sento, o rimango triste quando vedo su facebook foto di persone che sono nella mia ex scuola o i miei amici americani che si divertono senza di me, ma immagino sia inevitabile. D'altra parte tante altre cose invece sono migliorate, dalle nuove amicizie, a un migliore rapporto con la mia famiglia e tanta motivazione e determinazione in più. Mi sento una persona più serena e più matura, sento di avere raggiunto un grande traguardo.
Ho fatto gli esami, ho ricominciato la scuola e sono contenta, sono decisa a uscire bene dal liceo e passare oltre. Non ho ancora progetti precisi sul cosa voglia fare, ma quest'anno mi ha aiutato moltissimo a farmi qualche idea sul mio futuro. A Natale io e Stefanie saremo a Barcellona da Carla, ci stiamo organizzando e dovrei comprare il biglietto aereo in questi giorni. Per quest'estate c'è un progetto ancora vaghissimo per una vacanza in treno in giro in Europa con anche Timo e tutti gli altri, sperando che sia realizzabile. Dopo quest'estate ancora non so, ho mille progetti che vanno dallo studio all'estero, a un anno sabbatico di volontariato ed esplorazione, a tante altre idee. Per ora voglio solo finire quest'anno e andare avanti qualunque cosa il futuro mi riserverà. 
Come dicono sempre gli Americani alla graduation, "It's the first day of the rest of my life".

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